tra l'onda e l'onta

 

 

 

  home  chi sono      il magazzino   teatropoeticascrittiil blog

 

 

 

tra l'onda e l'onta

 

 dramma in un tempo

 

 

 persone

 

Turing

L’ispettore

 

 

 Alan Turing.

Matematico, ricercatore, pioniere dell’informatica, condannato per omosessualità.

A seguito della sollecitazione da parte di esponenti del mondo scientifico e culturale e, finanche da una petizione on line,  gli è stata concessa la riabilitazione, postuma, dalla Regina Elisabetta, nel 2013.

Pure controverse le cause della sua morte, avvenuta a soli 41 anni per presunto suicidio, l’accusa di omosessualità e la cura ormonale, a cui si era dovuto sottoporre per evitare il carcere, hanno rappresentato una sicura devastazione psicologica e fisica sulle quali ho cercato di porre l’accento.

Tentando di “ricostruire” il suo dolore e la solitudine di un uomo libero.

 

 

 

I^ SCENA

 (casa Turing)

 

 

TURING

Sono consapevole che le variabili sono molteplici.

Ne sono stato io stesso prima affascinato; poi, ossessionato.

Non ne sono affranto.

Ho avuto altre passioni, distraenti, totalizzanti. Potrei, finanche, definirle orripilanti. Perché macchiavano il mio rigore.

 

Confesso. Non potevo dissociarmene. Pure, dovevo tenere in conto le variabili che mulinano nella materia primaria di ogni uomo.

 

Tutto questo mi ha vinto. Mi ha, incessantemente, perso.

 

La mente cammina su prati assolati e ventosi. Dove tutto si compie in secondi. Quelli decisivi che orientano. Porzioni di tempo che ci danno coordinate e rotte da misurare. Un cerchio tra una margherita e un dirupo. Una margherita per meridiana ed una margherita per parallelo. Io come punto di tangenza.

Era la mia adolescenza. I ricordi mi sorridono. Intenerisco i tremori. A volte, i venti, lassù, erano così sferzanti che dovevo, per un calcolo preciso, misurare lo scarroccio. Ero la vela tra le onde dei prati. Misuravo la forza di impatto che subiva la camicia, gonfia di maestrale.

Consideravo le forze che agivano o interferivano sulla forma della misurazione.

 

Quel tempo di delicata solitudine era perfetto per fermentare quei gorgoglii che sentivo penetrarmi. Era una febbre.

I brividi erano focolai ardenti. Una lussuria di idee che mi lasciavano stremato.

Sapevo di non dovermi preoccupare del dopo. Nessuna intemperanza mi sarebbe stata impedita da ordini di disciplina. Ero libero di spadroneggiare i miei impulsi come il generale di me stesso. Mi appuntavo medaglie di pietra rimediate dagli scogli aguzzi del possibile.

Tu, madre mia, eri lontana. Mi avevi affidato. Non me ne lamentavo. Traevo orgoglio, piuttosto, da quella momentanea solitudine.

Camminavo molto. Da solo. Curando le curiosità, senza facili risposte intermediarie.

All’epoca ritenevo che il pensiero avesse il dovere dell’anarchia per crescere libero.

 

Proteggermi dalle superficialità di giudizi: fu il dovere che applicai. Misi barriere d’acciaio.

A volte, usai, ad arte, i codici riconosciuti dalla comunità. L’aspetto trasandato che normalmente avevo si confaceva alle frenetiche attività fisiche.

Allenamento e sfinimento. Sfinimento e allenamento. Davano un risultato: un matematico sudato.

La curiosità mi aiutava. Divenne una religione. Le domande oscillanti, nell’universo del possibile, erano la danza, la magnifica coreografia della natura che sfida a dare risposte. Per arrivare alla trama, al finale possibile. Con formule ed equazioni continuamente rinnovate. Nel mentre mi cullavo, segretamente, di versi

Ah, Marianne Moore! “Nel procedere lento sussultante, nel  gorgogliare e in tutte le minuzie noi abbiamo la classica moltitudine di piedi.”

Una contraddizione che mi esaltava e mi perdeva. Mi irrobustiva e mi indeboliva: la poesia e la scienza contrappongono l’umanità. Anch’io mi dividevo tra versi penetranti e calcoli, tra evoluzione creativa e differenziali necessarie.

Mi ripetevo: ”La verità non è l’apollo del Belvedere non è cosa formale. L’onda potrà sommergerla, se vuole. Sappi però che ci sarà sempre se dice: “ci sarò quando l’onda se n’è andata”.

Disperazione e angoscia non erano nel mio vocabolario.  Sono parole formate da vocali, consonanti e sillabe che hanno bisogno di essere veicolate. Che hanno bisogno di qualcuno che le lanci o le porti sulle spalle. In attesa di scagliarle sulla tua vita, come una maledizione.

Costoro, i portatori scaltri, vogliono che penetrino nel tuo quotidiano a scalfire la tua integrità e l’orgoglio di quello che sei ai tuoi occhi.

Vogliono inocularti veleno. Il veleno ti pervade, ti paralizza, ti occupa come un nemico mortale. Ti assedia e ti indebolisce. Improvvisamente, devi rifare i conti con te stesso.

Così, qualcuno ti vince. Quando rimetti in discussione tutto. Quando tu sei costretto a portare sulle spalle te stesso e non ti reggi. Quando vedi da una lente deforme ciò che ti circonda. Tutto, allora, è profondamente diverso.

La tua carne, ormai putrescente, ti veste come una guaina. Non è la tua pelle! Qualcuno vi ha soffiato fiele. È diventata lucida, trasparente, tesa.

La vita si mostra come un ammasso di carne maculata, striata di sottofondi. Tu provi un disgusto che non ti apparteneva.

Vomiti. Cercando un rifugio riservato e nascosto dove pensi di liberartene. Di riprendere la tua pulizia, la tua conoscenza, la tua integrità. La tua scienza alla quale hai giurato fedeltà, amore incondizionato, lealtà, onore. Cerchi di purificarti.

Ogni giorno porta una condanna. Sei sfinito dai mutamenti che cogli mentre i tuoi pori trasudano gelo. Sei una pianta senza linfa. Ripiegato nei tuoi alterati umori, estranei al tuo olfatto. Il nemico ti invade. Ti penetra. Uccidendoti, inesorabilmente!

Oh! Un momento di debolezza?

 

Mi sono lasciato andare. Non è questo il mio fine. Non è questo l’onore da perdere. La mia missione non è quella di celebrare i meschini che si fanno gioco delle leggi. Delle loro leggi che maneggiano come  sciabole. Usando il potere  di sguainarle o riporle, ignorarle o applicarle, di ottenebrarle o annacquarle.

Sì! “ ci sarò quando l’onda se n’è andata”.

Già, l’onda. Basta una consonante perché una parola diventi la tua carceriera.

L’onda è il rumore del mare sulla battigia che si ritrae. O sferza, con furia, gli scogli che incontra. Il concerto della vita. La forza misteriosa e oscura che si veste di trasparenza o di schiuma che diventa solida. Di furore sinistro e, poi, di pace.

L’onda è l’impronta che si veste di divenire. Che si compone e ricompone nel nuovo possibile.

L’onta è l’arma degli uomini che minacciano l’avvenire screditando ogni saggezza. Distruggendo l’equilibrio delle compassioni. Annullando l’armonia delle cose. La vitalità: la  forza nascente e innocente.  

 

Quale ingiuria può contenere il fare degli uomini? La violenza che si maschera tra il rigore e le decenze? 

Ricordo il linguaggio. Dopo, soltanto dopo, mi risultò chiaro il peccato delle consonanti. L’onda tramutata in  onta.

 

 

II^ SCENA

 (ufficio di poliizia) 

 

 

L’ISPETTORE

Buongiorno. Il signor Turing? Si accomodi.

 

TURING

Buongiorno.

 

L’ISPETTORE

Sono il funzionario incaricato di portare a termine le indagini relative alla sua denuncia.

Ho qui il fascicolo. Devo raccogliere alcune sue precisazioni utili ai dettagli e necessarie alle indagini.

 

TURING

Mi chieda.

 

L’ISPETTORE

Ah! Dagli atti leggo che lei ha precisato su una sua, come dire, diversità. Ma, veniamo a noi. 

Dunque, signor Turing, risulta che lei  avrebbe  denunciato un furto nella sua casa. È esatto?

 

TURING

Sì! Ho denunciato il furto.

 

L’ISPETTORE

Successivamente, ha indicato il signor Arnold Murray quale autore del furto. È esatto?

 

TURING

Sì.

 

L’ISPETTORE

Mi risulta, signor Turing, che lei, nel corso delle indagini e negli interrogatori, non abbia ritenuto di smentire la sua, diciamo diversità, è esatto?

 

TURING

Mi sono limitato a non distinguere una diversità da una uniformità. Non era oggetto di puntualizzazioni necessarie. Non c’era attinenza con i fatti.

 

L’ISPETTORE

Mi risulta che lei abbia ospitato questo signore, il signor Murray, nella sua casa. Per un tempo abbastanza lungo. È esatto, signor Turing?

 

TURING

Sì, era una persona di cui mi fidavo.

 

L’ISPETTORE

Signor Turing, voglio sapere. Mi dica: per quale motivo lo ospitava?

 

TURING

Perché aveva la mia fiducia.

 

L’ISPETTORE

E …  cosa le avrebbe rubato, signor Turing?

 

TURING

Ho fornito un elenco dettagliato al momento della denuncia.

 

L’ISPETTORE

Voglio sapere se, nell’elenco, ha citato una  corrispondenza privata.

Ha mai scritto al signor Murray?

 

TURING

Non ricordo. Ma, dov’è la rilevanza?

 

L’ISPETTORE

Le domande le faccio io, signor Turing. Siamo d’accordo?

 

TURING

Come crede. Volevo osservare che stiamo discutendo di un furto conclamato dai fatti e dalle confessioni degli autori.

 

L’ISPETTORE

Sia tranquillo, signor Turing. Piuttosto rifletta che non è nella posizione di protestare.

Se si dimostra reticente, potrei imputarle il reato di ostacolo alla Giustizia. Non sarebbe piacevole, mi creda. Potrei procedere immediatamente. 

Signor Turing, glielo ripeto. Ha mai scritto qualcosa di compromettente a questo suo, diciamo,  ospite? 

 

TURING

Non ricordo. Può darsi che gli abbia scritto. La lista della spesa. Forse, appunti. Note di vita quotidiana che gli lasciavo in giro per casa. Non ricordo di note di rilievo. Ero occupato, come certamente sa, ai miei interessi  professionali, alle mie  ricerche scientifiche.

 

L’ISPETTORE

Lasci stare! Cerchi di rispondere brevemente alle mie domande. Senza precisazioni diverse o giustificazioni.

 

TURING

Come crede. Volevo solo ricordarle il mio impegno per la nostra Inghilterra, per la sconfitta del nazismo …

 

L’ISPETTORE

Va bene. Va bene. Dunque, qui abbiamo una di quelle che lei chiama note del vivere quotidiano. Riconosce la sua scrittura?

 

TURING

Sì. Certamente è la mia.

 

L’ISPETTORE

Vediamo. Qui è scritto: “povero caro, ti prometto di essere fedele alla promessa, non più stravaganze,  specie prima dei  pasti.

Mi spieghi, signor Turing, a quali stravaganze si riferisce?

 

TURING

Avevo dei farmaci che dovevo assumere prima dei pasti e capitava che me ne rammentassi soltanto dopo;  quando sopraggiungevano i dolori lancinanti dovuti all’ulcera.

 

L’ISPETTORE

E il suo amico era presente a queste … stravaganze?

 

TURING

Ho detto, mi scusi, ho scritto … ho scritto stravaganze, ma, intendevo attacchi. Il destinatario era in grado di capire a cosa mi riferissi, per la sua presenza … di sera … al fatto.

 

L’ISPETTORE

Lei dice stravaganze e intende attacchi?

Quindi la persona con cui corrispondeva conosceva  questo codice segreto esistente tra voi: dire una parola e significarne un’altra?

Spieghi meglio.

Cosa voleva dire, signor Turing, con la parola stravagante?  Forse si riferisce a comportamenti?

 

TURING

Se ha letto sul mio impegno professionale, sul mio incarico, sa che mi intendo di codici segreti e sono stato capace ... di …

 

L’ISPETTORE

Non si discute di questo. Le sto chiedendo esplicitamente se con stravagante intendeva che ha assunto comportamenti sconvenienti.

Le sto chiedendo della sua omosessualità.

 

TURING

I comportamenti che lei chiama sconvenienti si assumono pubblicamente e qui stiamo parlando di fatti privati. Soprattutto di comportamenti che non investono sconvenienze di alcun genere. Né private né, tantomeno, pubbliche.

 

L’ISPETTORE

Signor Turing possiamo dire che, quando lei classifica i suoi comportamenti chiamandoli stravaganti, lei, in realtà, ammette che, per stravaganti, intende licenziosi?

 

TURING

No! Non intendevo questo. Avrei usato il termine neutro di orientamento. Non stravaganza.

 

L’ISPETTORE

Signor Turing, non stiamo giocando a collocare le parole.

 

TURING

Certo che no. Ma, lei saprà che, quando parlo di orientamento, mi riferisco a ciò che a volte si può verificare in natura. Senza che alcuno si debba sentire offeso.

 

L’ISPETTORE

Basta signor Turing! Lei ha avuto nella sua vita un comportamento equivoco e una grave devianza.

Che ha ostentato e resa pubblica. Minando i costumi lei fornisce alla gioventù una non esemplare rettitudine morale.

Ammetta di avere comportamenti equivoci e che intrattiene una pubblica relazione omosessuale. 

Può confessare, almeno, quando ha scoperto quello che lei chiama orientamento?

 

TURING

Non confesso nulla. Ho avuto nella mia vita comportamenti irreprensibili. Mi sono dedicato alle mie ricerche in molti campi. Le mie analisi sono riconosciute e rispettate nel mondo accademico. Sono stato e sono tuttora impegnato nella attività di ricerca. Sono occupato, profondamente, nello studio delle tecniche creative, delle arti meccaniche destinate ad allargare orizzonti. Sono destinato a incarnare visioni nuove, cammini inesplorati, conoscenze allargate. Sono, sono stato, sarò Alan Mathison William Turing  …

 

L’ISPETTORE

Basta signor Turing! Non oltrepassi il segno.

Mi dica: quanti uomini ha corrotto con le sue licenziose  tendenze?

 

TURING

Non le permetto insinuazioni. Lei è asservito a comode sovrastrutture. Lei difende un apparato. Lei si trincera dietro opposizioni che negano ogni libertà di determinazione. I suoi sono pareri di retroguardia ...  che la storia sconfesserà ...

 

L’ISPETTORE

Sta male, signor Turing? Vuole una pausa?

 

TURING

No! Continuiamo pure. Spero che non utilizzi rapporti di forza militari e interessi cortigiani per … inasprire una …  

 

L’ISPETTORE

Signor Turing! Le cattive coscienze aristocratiche sono state debellate. Qui si discute della sua integrità morale.

 

TURING

No! Qui non si discute di moralità. Ma, di saggezza … di leggi non eterne … qui si discute …

 

L’ISPETTORE

Riconosce questa lettera?  Gliela leggo: “Mia comune compagna di dolore, la nostra perdita è lo stillicidio di ogni giorno che ci riempie di angoscia, che trabocca di ricordi che intessono continue trame di un avvenire sognato e perduto; che non si arrende a vivere mutilato …”

 

TURING

Come ha potuto usurpare dei ricordi? Come può declamare col sorriso queste urla di dolore? Come può incarcerare la pietà spingendola in una cloaca maleodorante? Come può non rispettare il dolore di una madre da consolare, ricordandole il tepore del figlio?

 

L’ISPETTORE

Dunque, l’ha scritta lei. È ciò che volevo sapere.

 

TURING

Lei tesse trame vergognose! La sua visione passa attraverso una deformità che è nel suo spirito. Che piega ai suoi disegni. Che umilia  ai suoi  desideri di ordine. Che opprime asservendole alle sue angoscianti perversioni!

 

L’ISPETTORE

Non osi parlare di perversione! Lei rappresenta la prova tangibile dell’ offesa alla nostra comunità, alle sue regole, alle sue  leggi sulle quali tutti -dico tutti, signor Turing- contiamo e alle quali adeguiamo i nostri comportamenti.

 

TURING

Lei umilia la nostra comune patria. Lei sta deliberatamente ignorando che ho risparmiato lacrime e morti e dolore disperante. Che ho contribuito con la mia conoscenza a …

 

L’ISPETTORE

Basta! Basta, Turing! Le ricordo che ho elementi sufficienti per incriminarla. Lei non è nella posizione di essere garantito dai crimini commessi. Lei, qui, non è nella comoda posizione di scienziato. Lei, non è al di sopra della legge!

 

TURING

Sono al di sopra delle sue meschinità. “ci sarò quando l’onda se n’è andata”!  

 

L’ISPETTORE

Lei sta per essere incriminato.

 

TURING

E, lei? Lei ha mai visto nascere il desiderio in una margherita?

 

L’ISPETTORE

Touring, lei è sconvolto. Cerchi di mantenersi calmo. Faccia appello alla logica. Lei non può ignorare la verità delle cose che abbiamo sul tavolo. Le prove inoppugnabili delle sue colpe.

 

TURING

Lei si confonde. Lei si aggrappa alla sua verità come io presto fede al dubbio, alle incertezze. Lei ha fede nel formalismo. Quello che paralizza il pensiero. Che lo incatena alle regole. Che impedisce l’evoluzione. Che mortifica la possibilità creativa.

 

L’ISPETTORE

Turing lei è provato. Lei si sta esponendo nelle sue divagazioni. Lei rivela  la sua debolezza e fragilità.

Tutto ciò che dice fortifica la giustezza di quello che combattiamo. Ci esonera da ogni indugio. Ci indica la giusta strada della ferma riprovazione. Ci esorta a ricercare i rimedi per impedire che si propaghi una devianza destinata a  corrompere le menti  sane.

 

TURING

A questo punto non so cosa lei voglia da me. Confessione? Resa? Spoliazione di quello che sono stato, che sono, per l’Inghilterra.

A quale fine, poi? Per alimentare la vostra condanna, per giustificarla ai vostri occhi? Per uscire indenni dalla punizione che infliggete? Da quella sanzione che, le assicuro, uscirà indenne delle vostre ingiurie, dei vostri pregiudizi. Per la infinita sapienza della storia.

 

L’ISPETTORE

Lei, signor Turing non è nella condizione di cambiare lo stato delle cose.

Lei! Lei è avvezzo a demoni che ottenebrano le sue conoscenze.

Le propongo una via di uscita. Mi ascolti! Attentamente.

 

TURING

Una via d’uscita? Cosa dice? Mi vuole proporre un rimedio? Un vostro rimedio? Un altro affronto?

 

L’ISPETTORE

Voglio risparmiarle conseguenze che sarebbero per lei un incubo, una condizione irreversibile, una vergogna pubblica. Comprende? La sentenza della opinione collettiva.

 

TURING

La sentenza della opinione collettiva!?

No! La sentenza della opinione collettiva è soltanto il modo esteriore del pensiero unico.

Lo sa? Il pensiero unico ha mosso, alimentato, esaltato  tirannie. Queste sono le vergogne che opprimono le opinioni collettive! Il pensiero unico si esalta e costringe a condividere follie, egemonie, manie. Riduce gli essere umani alla fame, a vivere da bestie. Poi, li giustizia. Per il macabro gusto di contarne i cadaveri.

Il pensiero unico giace sul letto perverso della storia.

 

L’ISPETTORE

Turing, l’incriminazione presuppone il carcere. Le assicuro che non ci sarebbe pietà per lei. Quei luoghi sancirebbero la perdizione della sua identità. Debbo dirlo, per la sua integrità. Lei sarebbe un numero. Un numero! E un numero non si rispetta.

 

TURING

Lei dice: carcere? Siamo arrivati al punto. Turing in carcere! Nei campi? Con il marchio infamante che uomini che si credevano superiori hanno usato per sterminare altri esseri umani? Io …  io ho dato il mio contributo per far cessare questa ignominia! Lei sa. O, finge di non sapere. Io so … io so … molto altro ... 

 

L’ISPETTORE

Turing, si pone in una posizione pericolosa se soltanto ritiene, per scagionarsi da altre accuse, di fare appello a informazioni riservate di cui è entrato in possesso. Rivelazione di segreti di stato? Alto tradimento?

Ci pensi. In questo caso non potrei fare nulla per lei.

Poi, per quanto riguarda la sua odierna imputazione, le sue non sarebbero che chiacchiere contrapposte a prove schiaccianti della sua inaffidabilità sociale.

 

TURING

Dunque, lei ritiene, ritenete, che Turing, il logico, il matematico, lo scienziato, il ricercatore, debba essere oggetto di infamia. Oggetto di isolamento. Degno, soltanto, di marcire senza protezione ai margini della vostra inettitudine. Vorreste abbattere la sua vita rendendolo un vegetale. Lei turpiloquia senza ritegno!

 

L’ISPETTORE

Signor Turing! Si calmi.

Professor Turing, la soluzione c’è. È stata studiata. Ne ho parlato ad alti livelli. Lei potrà ritornare alla sua vita e alle sue ricerche. Lei potrà riappropriarsi delle sue curiosità. Lei potrà, certo con discrezione, certo con necessarie limitazioni, affrontare altre sfide. Lei sarà un uomo libero.

Però, però, professore dovrà accettare di sottoporsi ad una terapia ormonale. Per il suo bene, creda.

 

TURING

Non ho altra scelta, vero?

 

L’ISPETTORE

No, professore.

 

TURING

Cosa? Cosa posso fare?

 

L’ISPETTORE

Restano formalità da sbrigare. Lei si dichiarerà colpevole e presenterà, contestualmente, istanza di misura alternativa al carcere dichiarando di accettarla senza condizioni.

Professore, naturalmente, lei non potrà espatriare.

 

 

III^ SCENA

 (casa Turing) 

 

 

TURING

Avrei dovuto legarmi all’albero maestro. Cieco e sordo a ogni lusinga.

Avrei dovuto fare da scudo alla mia vita.

Ma, mi sono lasciato sedurre dal male minore. Quale meccanismo si scatena nell’agitare fantasmi di annientamento e di morte?

La tortura di un male possibile amplifica le suggestioni. Dimentichi che sono minuzie, che sono, soltanto, dei piedi che ti calpestano: “Nel procedere lento sussultante, nel  gorgogliare e in tutte le minuzie – noi abbiamo la classica moltitudine di piedi”.

Io, nella solitudine, ne ho subito le conseguenze. Credendo di saper sopportare il dolore al quale non si risparmia la vita. Ne morirò di quel dolore.

Sono destinato al sacrificio. Il carnefice ha sventolato, benevolmente, la possibile fine delle sofferenze.

Sono stato raggirato, obbligato a dovermi ritenere graziato.

Dovrei ancora credere al mio boia. Che, intanto, cerca il punto giusto per la mannaia.

Le raffinate tecniche di annientamento superano le leggi fisiche, logiche, matematiche.

Le vite degli uomini diventano calpestii di una mandria infuriata. Scatenata verso un obiettivo che annulla ogni variabile, ogni ripensamento, ogni dettaglio, ogni piccola minuzia. Una selvaggia macchina da guerra capace di  sollevare fuoco e polveri, tuoni e fiamma. Una bomba studiata in consessi nascosti, segreti, altolocati. Per distruggere tutte le margherite.

Io, Alan Mathison William professore Turing, sono colpevole di essermi consegnato senza studiare le conseguenze della mia resa.

Avrei chiesto conto delle conseguenze? No!

Le avrei studiate attentamente, valutando ogni dettaglio, ogni devastazione possibile.

Avrei avuto consapevolezza del livore che il mio corpo  mi ha consegnato in questi anni.

Della mollezza flaccida che mi ha devastato. Della mostruosa creatura deforme che mi ha percosso, che ha  battuto sulla pelle per uscire allo scoperto insultandomi. Che ha cantato vittoria sulla aspra battaglia tra desiderio e negazione.

Avrei avuto consapevolezza di quella chimica che occupa la stanza buia. La stanza dove si devono spegnere le minuzie quotidiane degli uomini.

Rossori e speranze. Sospiri e attese. Paradisi privati, intimi, segreti. Ora, illuminati miseramente da lampade da caserma. Che accecano e scrutano, senza vergogna, i desideri e gli  orgogli. Avviliti, degradati, abbassati a istinti bestiali da governare.

Ne ho avuto tempo? Ho avuto alternative? Se non la vergogna pubblica. Se non la prospettiva di una morte civile.

La scelta tra fucilazione e impiccagione non è una scelta pietosa: è la ferma volontà di un boia inesorabile. 

 

No! Sono stato impedito. Sono stato una bestia al macello della storia. Degli intrighi nascosti. Della bieca macchinazione. Dei tradimenti sotto traccia. Delle astuzie al potere. Della maleodorante visione degli uomini usata per asservire altri uomini. Temendone l’intelletto. Odiando la arroganza delle scelte di libertà.

 

Sono sereno e determinato. Ora, non sono impreparato agli eventi che io stesso governo nella mia solitudine. Nella lacrima che, fugace, scomparirà agli occhi dei becchini.

 

Il mio destino è già risolto per mia mano. Per la scelta estrema che, comunque, non mi priverà di dolore quando gli spasmi si addenseranno nelle viscere. Nella dose ho distillato, volontariamente, il dubbio della storia che, ben so, oscillerà tra documento e occultamento.

 

Ecco! Una agonia prolungata e controllata.

Non credo che la storia vorrà investire i balordi di ciò che loro compete di diritto. Hai ragione, Auden: ”di quella che chiamano Storia non c’è da menar vanto, fatta com’è di quanto c’è in noi di criminale.”.

 

Voglio tenere compagnia all’adolescente che sono stato. Pensoso e superbo. Svagato e concentrato ai doveri.

Quell’adolescente che ha creduto in sé fino al punto di dimenticare gli altri. Senza un approdo sicuro.

Qui, sulla altura battuta da quel vento, osservo piangere le margherite. Già fugaci testimoni del mio tempo che si confonde.

 

Bisbigliano in coro.

Sì! Posso scrutare la volontà segreta di concedersi all’onda misteriosa che compiace il desiderio di una mano. Di mille mani.

Nell’atto di coglierne sulla bocca l’intimo sapore.

 

 

2  dicembre  2018

 

 

 TORNA A TEATRO

 

 

 

ultimo aggiornamento/pubblicazione il 10 gennaio 2019